Lexambiente - Rivista Trimestrale di Diritto Penale dell'Ambiente
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Quiete pubblica e legge Cartabia. E la Cassazione?
di Gianfranco AMENDOLA
Consiglio di Stato Sez. IV n. 7745 del 3 ottobre 2025
Urbanistica.Permesso di costruire ed autorizzazione paesaggistica
In presenza di un vincolo paesaggistico, il rilascio del permesso di costruire per opere edilizie è subordinato all'ottenimento dell'autorizzazione paesaggistica, che è un atto però distinto dal permesso di costruire seppur necessario. La mancata acquisizione dei pareri necessari rende, tuttavia, il permesso di costruire non invalido bensì inefficace, stante l’autonomia strutturale e funzionale dei due provvedimenti edilizio-urbanistico e paesaggistico), impedendo l'inizio dei lavori finché non si ottiene l'autorizzazione paesaggistica. Allo stesso modo, la ravvisata incompatibilità urbanistica supporta in autonomia il diniego del titolo edilizio riposando su ragioni tecniche, giuridiche e fattuali distinte e separate rispetto alla valutazione prettamente paesaggistica di competenza di altra autorità. In linea di principio, infatti, l’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio; i due atti di assenso, quello paesaggistico e quello edilizio, operano su diversi piani, essendo posti a tutela di interessi pubblici diversi, seppur parzialmente coincidenti. Più in particolare, l’autorizzazione paesaggistica ed il titolo edilizio rispondono ad interessi pubblici distinti e tipizzati: l’uno valuta, in forza d’apprezzamento tecnico discrezionale, la compatibilità paesaggistica dell’intervento edilizio proposto, mentre l’altro, con autonoma e specifica istruttoria, accerta la conformità urbanistico-edilizia del manufatto. Il parametro di riferimento per la valutazione dell’aspetto paesaggistico non coincide, dunque, con la disciplina urbanistico- edilizia, ma nella specifica disciplina dettata per lo specifico vincolo.
Cass. Sez. III n. 33646 del 13 ottobre 2025 (CC 25 set 2025)
Pres. Ramacci Rel. Giorgianni Ric. Bernieri
Acque.Acque meteoriche da dilavamento
Le acque meteoriche da dilavamento sono, infatti, costituite dalle sole acque piovane che, cadendo al suolo, non subiscono contaminazioni con sostanze o materiali inquinanti, poiché, altrimenti, esse vanno qualificate come reflui industriali ex art. 74, comma 1, lett. h), d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152
Consiglio di Stato Sez. II n. 7589 del 29 settembre 2025
Urbanistica.Opere aventi carattere precario
Le opere aventi carattere precario devono essere funzionali a soddisfare una esigenza temporanea destinata a cessare nel tempo, entro cui si realizza l'interesse finale che la medesima era destinata a realizzare; di conseguenza la natura precaria dell'opera non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione assegnatagli dal costruttore, ma rileva la sua oggettiva idoneità a soddisfare un bisogno non provvisorio. Il carattere precario di un manufatto deve essere valutato non con riferimento al tipo di materiali utilizzati per la sua realizzazione, ma avendo riguardo all'uso cui lo stesso è destinato, nel senso che, se le opere sono dirette al soddisfacimento di esigenze stabili e permanenti, deve escludersi la natura precaria dell'opera, a prescindere dai materiali utilizzati e dalla tecnica costruttiva applicata. Quindi sono irrilevanti le caratteristiche costruttive, i materiali impiegati e l’agevole amovibilità, e l’opera deve essere destinata ad una sollecita eliminazione alla cessazione dell’uso. Inoltre, la precarietà non va, peraltro, confusa con la stagionalità, vale a dire con l'utilizzo annualmente ricorrente della struttura, poiché un utilizzo siffatto non esclude la destinazione del manufatto al soddisfacimento di esigenze non eccezionali e contingenti, ma permanenti nel tempo. In sostanza, la precarietà dell'opera, che esonera dall'obbligo del possesso del permesso di costruire, postula, infatti, un uso specifico ma temporalmente limitato del bene, con la conseguenza che rientrano nella nozione giuridica di costruzione, per la quale occorre un idoneo titolo edilizio, tutti quei manufatti che, anche se non necessariamente infissi nel suolo, o pur semplicemente aderenti a questo, alterino lo stato dei luoghi in modo stabile, non irrilevante e non meramente occasionale. Da siffatti rilievi consegue che deve essere ribadito il principio, in più occasioni enunciato dalla giurisprudenza di settore che gli artt. 3 e 10 del d.P.R. n. 380 del 2001 escludono il rilascio del permesso di costruire solo ed esclusivamente per gli interventi edilizi caratterizzati dalla contingenza e precarietà
Cass. Sez. III n. 33790 del 15 ottobre 2025 (UP 10 lug 2025)
Pres. Ramacci Rel. Andronio Ric. Mancini
Urbanistica.Elemento soggettivo dei reati edilizi
In materia urbanistica, il dolo o la colpa sono integrati dall'esecuzione cosciente dell'opera in violazione delle norme edilizie, e non occorre un intento fraudolento né una specifica consapevolezza dell'illiceità, essendo sufficiente la consapevolezza di compiere l'atto materiale costitutivo del reato, ossia l'abuso edilizio
Consiglio di Stato Sez. IV n. 7789 del 6 ottobre 2025
Rifiuti. Impianti di trattamento ed impatto ambientale
Dal confronto, in termini di impatto ambientale, tra il funzionamento di una piattaforma di trattamento aerobico (solo compostaggio) e di una piattaforma di trattamento anaerobico-aerobico (produzione di una fonte energetica e compostaggio) emerge che quest’ultima comporta un impatto molto minore sotto il profilo odorigeno. Infatti, il compostaggio aerobico consiste in un processo di degradazione della sostanza organica condotto in presenza di ossigeno che si realizza in capannoni chiusi dai quali è necessario estrarre l’aria, carica di composti odorigeni, da avviare al trattamento delle arie esauste. Le arie maleodoranti derivanti dal trattamento risultano dunque “cariche” di composti odorigeni in quanto il processo di degradazione avviene tutto in un’unica fase. La digestione anaerobica è, al contrario, un processo di degradazione della sostanza organica condotto in assenza di ossigeno, il quale si realizza quindi in reattori chiusi (digestori) e porta alla trasformazione del materiale biodegradabile in biogas e digestato. Avendo già subito una fase di degradazione biologica, il digestato presenta un minore impatto odorigeno. Pertanto, la successiva fase aerobica presenta un impatto minore in quanto effettuata in presenza di una matrice (digestato) che ha già subito rilevanti processi di degradazione.
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